lunedì 30 giugno 2014

L’ECONOMIA CONDIVISA– L’ECONOMIA CRISTIANA - BIBLICA.

MISERIA - POVERTA’ – RICCHEZZA – LUSSO
ECONOMIA – TEOLOGIA – RELIGIONE – FEDE
CONDIVISIONE BIBLICA
PROCESSO CULTURALE SULL’ECONOMIA CONDIVISA
RIFLESSIONI NECESSARIE PER CAPIRE I PRINCIPI DELL’ECONOMIA CONDIVISA
Una lettrice scrive:



1. Devi pensare che il prossimo ha diritto di avere da te lume, aiuto e conforto, come un figlio da sua madre.
 E’ questo un diritto concesso a lui dal tuo stato d’amore.
La sposa infatti ha il diritto, oltre che il dovere, di tutelare e difendere gli interessi dello sposo: e gli interessi dello Sposo tuo Gesù sono la conquista delle anime.
2. Devi sentirti madre del prossimo debole e sofferente: per cui devi avere per lui amore generoso, che ti spinga a dare il sangue per la sua anima.
Potendolo, lo aiuterai nei suoi bisogni, lo difenderai dalle male lingue, lo consolerai nelle sue afflizioni.
Una difesa ed un aiuto, potendolo, darai  generosamente.
3. Devi essere sorella del tuo prossimo, perché è parte come te del Corpo di Gesù.
E come sorella avrai per lui una carità paziente, che lo sappia compatire e sopportare nei suoi difetti; che lo possa illuminare nei suoi dubbi; istruire nella sua ignoranza; aiutare nella ricerca della pace, della fede, dell’amore, che unisce a Dio e solleva a lui con gioia il cuore e lo spirito.
4. Devi farti serva del tuo prossimo a somiglianza  di Gesù, venuto al mondo per servire gli uomini di buona volontà, per il raggiungimento della felicità eterna.
 E quindi con dolcezza ti presterai a soccorrerlo anche nelle sue necessità materiali, per conquistarlo al tuo Diletto.
 Se offesa, imita Gesù quando prese lo schiaffo, poi quando si mantenne in assoluto silenzio. 
Buone figliole, vi dico subito che i desideri di Gesù sono gli stessi desideri del nostro prossimo, naturalmente quelli buoni e possibili.
 Per cui dobbiamo tenere per certo che Gesù desidera da noi quello stesso che da noi desidera il nostro prossimo.
Quindi se questi desidera un sorriso, una delicatezza, una soddisfazione qualunque ed un qualunque favore, piacere, che si possono concedere facilmente e senza offesa di Dio, noi dobbiamo esser certi che è lo stesso Gesù a desiderare quelle cose, per cui, se noi facciamo finta di non accorgercene o se noi siamo duri a concederli, siamo anche certi di aver fatto quella finzione a Gesù stesso e di aver negato a lui stesso le piccole gioie così richiesteci.
Ed allora che varrebbero le nostre preghiere, tutte le nostre meditazioni e tutti i nostri sacrifici?

 Ma forse che sono false le parole di Gesù: “Quello che avete fatto agli altri l’avete fatto a me?. 

L’ECONOMIA CONDIVISA– L’ECONOMIA CRISTIANA - BIBLICA.

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RIFLESSIONI NECESSARIE PER CAPIRE I PRINCIPI DELL’ECONOMIA CONDIVISA
Una lettrice scrive:     
Condividere, quanto mi piace questo verbo perché appartiene alla famiglia dell'amore, della fratellanza e dell'uguaglianza.
Dobbiamo partire da questo presupposto e da questa realtà: noi siamo tutti una grande famiglia.
Dov'è che oggi esiste il concetto di condivisione?
In una famiglia, bisogna solo estendere il concetto di famiglia.
Dio ha messo al mondo tutti noi, abbiamo un unico Padre e quindi siamo tutti fratelli e sorelle.
Dio ha donato a tutti noi, non a determinate famiglie suo Figlio Gesù, Dio non fa distinzione alcuna, e perché dovremmo farne noi?
Il concetto di economia condivisa renderebbe davvero perfetta l'economia perché condividendo le ricchezze, i beni ne deriva un processo perfetto
Tutti avremmo la possibilità di godere di ogni produzione, agli stessi livelli, non ci sarebbero più persone isolare o escluse.
Gesù si è fatto inchiodare sulla croce per noi, per la nostra Salvezza, ma se non seguiamo i suoi insegnamenti, e come se gli voltassimo le spalle, rendendo questo suo sacrificio vano.
Dobbiamo inchiodare ai nostri cuori i sentimenti che dall'amore scaturiscono, e quindi amarci gli uni gli altri secondo la Sua volontà.
Siamo il popolo di Dio e anche se lontani, dispersi nel mondo siamo tutti un'unica discendenza.
Dobbiamo tentare e riuscire a salvare i nostri fratelli e sorelle che soffrono in questo mondo, come?
Con l'economia condivisa tutto questo si può, perché si mette a disposizione tutto per tutti.
Vivremmo in un mondo più pulito, non ci sarebbe più alcuna invidia, alcuna scalata al potere, nessuna prevaricazione.
Dio nella bibbia ci ha detto di tutto e di più, è quella la nostra guida, ed è per questo che oggi molti avendola accantonata e persa di vista, ci hanno ridotto in queste condizioni: senza lavoro, senza case, in miseria e povertà con tutte le cause e concause che ne derivano.
Vogliamo cambiare rotta?
Dobbiamo cambiare per evitare di affondare, mettiamo in pratica gli insegnamenti della bibbia e non periremo.

Katya Venga.

L’ECONOMIA CONDIVISA– L’ECONOMIA CRISTIANA - BIBLICA.

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Una lettrice scrive:


In questo periodo di crisi il laicato trinitario è chiamato a dare risposte alle nuove povertà e alle nuove schiavitù che sono presenti nella nostra società.
Per dare una risposta autentica ed efficace dobbiamo rivolgere lo sguardo alla comunità apostolica.
I discepoli imparano da Gesù non solo le cose da insegnare, ma per prima cosa imparano a commuoversi.
Se ancora c'è qualcuno che si commuove per gli altri, questo mondo può ancora sperare.
E' facile commuoversi per se stessi, è facile piangere su se stessi, ma ciò è inutile, è sterile.
I discepoli, partiti per stare in disparte, imparano a essere a disposizione di tutti, imparano che l'amore non va in disparte, non va in vacanza, non riposa, non ha tregua, finché c 'è folla che tende la mani che invoca pane e pace.
Io come laica trinitaria faccio mio il motto di San Giovanni de Matha "liberi per liberare", dobbiamo tutti farci promotori di questo messaggio non cercando di aiutare solo I lontani ma anche I vicini poiché i poveri li abbiamo anche tra noi.
Tutti siamo chiamati a liberare il nostro prossimo dalle schiavitù che lo tengono incatenato usando l'arma evangelica dell'Amore (Una risposta d'amore alla povertà di oggi).   

Angela Auletta

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Una lettrice scrive:     



Ho letto uno slogan che dice;" La nuova malattia del secolo è l'indifferenza."
Anche ai tempi di Gesù si poteva usare lo stesso slogan.
I capi religiosi non si interessavano minimamente dei poveri e dei bisognosi.
A proposito dei capi religiosi viene detto che erano “amanti del denaro” e che ‘divoravano le case delle vedove’ e si preoccupavano più delle loro tradizioni che delle persone anziane e degli indigenti.
Gesù era consapevole di questa realtà e per questo motivo attaccava i Farisei rivelandone la loro "ipocrisia".
Il Signore era consapevole delle difficoltà che dovevano affrontare i poveri ed era sensibile ai loro bisogni.
Dopo essere vissuto in cielo, Gesù si spogliò della sua natura spirituale, nacque come essere umano e ‘divenne povero per amore nostro’. Vedendo le folle Gesù “ne ebbe pietà, perché erano mal ridotte e disperse come pecore senza pastore”. (Matteo 9:36) Nell' episodio della vedova bisognosa dimostra che Gesù fu colpito non tanto dai cospicui doni dei ricchi, che davano “del loro avanzo”, ma piuttosto dal misero contributo   della vedova.
Quello che fece toccò il cuore di Gesù, perché quella donna ‘nella sua indigenza aveva gettato tutti i suoi mezzi di sostentamento’.
Gesù, attraverso il suo esempio, insegnò ai suoi discepoli a fare altrettanto...

Nella Bibbia leggiamo che ad  un giovane ricco disse: “Vendi tutto ciò che hai e distribuiscilo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; e vieni, sii mio seguace”.
Il fatto che quest’uomo non fosse disposto a separarsi dai suoi beni dimostra che amava le ricchezze più di quanto amasse Dio e il prossimo. Esso non aveva quindi le qualità necessarie per essere un discepolo di Gesù.
Dopo la morte di Gesù, ben fecero i suoi seguaci continuando sull'esempio del loro Maestro.
Oggigiorno, i veri cristiani sanno molto bene che i seguaci di Gesù devono interessarsi dei poveri e dei bisognosi, specialmente se sono compagni di fede. (Galati 6:10)  Infatti, per questa ragione si interessano sinceramente di provvedere il necessario a chi ne è stato privato.
Adesso dopo tutta questa premessa la domanda è: " Ma noi mettiamo in pratica tutto ciò?
Oppure possiamo essere considerati dei malati d'indifferenza?"
L'opera dell'Evangelo verso chi è nel bisogno dovrebbe essere più che mai attiva.
Dio ha bisogno di veri sostenitori della Parola che predicano con l'aiuto vicendevole verso l'indigente, prima ancora che con le parole!

Luisa Lauretta.

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Una lettrice scrive:


Scusa Sebastiano, sono andata a vedere il blog e sono rimasta male per alcune critiche negative e di come certe persone si ritengono << Maestri>>.
A questi voglio dire questo:
La correzione fraterna spesso è un modo soltanto per far emergere noi stessi a scapito degli altri, dicendo loro una verità che è sì verità; ma il modo con il quale la diciamo è una morte e una pietra che poniamo sull'altro a piedistallo delle nostre affermazioni, e quindi di noi stessi.
Gesù dice che bisogna misurare con la misura con la quale misuriamo noi stessi: cominciamo a misurare il giudizio che daremo agli altri partendo con noi stessi, su di noi: allora, il giudizio sarà una vera correzione fraterna e un valido aiuto...prima di tutto per noi, e poi anche per il prossimo.
Partire dalla "trave" che giace a ostacolo nel rapporto con l'altro e anche con Dio, per poter togliere gli ostacoli e le "pagliuzze" dagli occhi degli altri.
Il giudizio sull'altro deve avere lo stile della vita, e non invece quello della morte.
Spesso invece noi giudichiamo l'altro per mortificarlo, per farlo morire moralmente, per essere noi potenti a tutto campo e su ogni realtà.
Questo stile però giudica anche noi come "ipocriti".
Se uno fa il male, è giudicato come colui che fa il male.
Se uno fa il bene, appare giudicato come facente il bene.
NON E' LA CORREZIONE FRATERNA A GIUDICARE, MA LO STILE.
Queste persone amano il danaro non Dio ed il prossimo.
Sono dei fannulloni.
Non credo che i fannulloni abbiamo titolo per insegnare.
Scusami se mi sono permessa di dire questo, ma non trovo giusto che critichino il tuo bellissimo apostolato!
Io tocco corde molto delicate; conosco molto bene alcune realtà.
Ho messo sul blog. un tuo scritto.
La critica mi va benissimo, le minacce no.
Chi minaccia non ha capito nulla del vangelo.

Sono lupi travestiti da pecora.

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Una lettrice scrive:     



Adesso basta puntare il dito contro i figli di Dio, non riesco a capire se questa e ' una provocazione o se realmente stai pensando che i figli di Dio devono risolvere i problemi di tutti.
Ma le famiglie che stanno aspettando risposte concrete dai figli di Dio stanno ubbidendo alla parola di Dio?
Io sono una figlia di Dio e ti assicuro che non vedo attorno a me tante famiglie che stanno cercando Dio.
Ma se non stanno cercando Dio  cosa si aspettano dai figli di Dio?
Dio  ci ha messo davanti a una scelta, o scegliere il bene o scegliere il male.
Certo è' che chi ha scelto il male non può aspettarsi le benedizioni da parte di Dio.
E noi come figli di Dio attraverso la sua parola che il Signore ha voluto farci arrivare sappiamo dove stiamo andando , il Signore ci ha avvisati affinché possiamo essere preparati.
Noi adesso stiamo aspettando la venuta del Signore perché i segni scritti nella parola ci sono.
Questi sono gli ultimi tempi che precedono la venuta del Signore.
Lungo tutti l'arco della storia Iddio non ha mai lasciato l'uomo senza rivelarsi.
Ma quando parli della parola di Dio alle persone si fa il vuoto attorno a te?
Noi siamo figli di Dio ma non siamo Dio.
Dio benedice chi ubbidisce alla Sua parola non chi si ricorda di Lui solo quando ha bisogno.
Ci sono preghiere che si fermano al soffitto ma ci sono preghiere che muovono la mano di Dio.
I figli di Dio quando portano la parola hanno già fatto una grande cosa perché chi conosce e riceve Dio ha già una grande benedizione in casa.
"Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; ne per il vostro corpo, di che vi vestirete.
Non è la vita più del nutrimento e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre.
Non valete voi molto più di loro?
E chi di voi, con la propria ansietà può' aggiungere un'ora sola alla durata della  sua vita?
E perché siete così ansiosi per il vestire?
Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, si vesti come uno di loro.
Ora se Dio veste in questa maniera l'erba dei campi che oggi è', e domani è' gettata nel forno, non farà molto di più' per voi, o gente di poca fede?
Non siate dunque in ansia, dicendo: "Che mangeremo?
Perché  sono i pagani che ricercano queste cose.
CERCATE  PRIMA IL REGNO DI DIO E LA SUA GIUSTIZIA,  e tutte queste cose vi saranno date in più.
Non siate dunque in ansia per il domani, perché il
domani si preoccuperà di se stesso.

Basta a ciascun il suo affanno." ( Matteo 6/25-34)

domenica 29 giugno 2014

L’ECONOMIA CONDIVISA– L’ECONOMIA CRISTIANA - BIBLICA.

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Una lettrice scrive:


Riflessione sulla condivisione.
 Luca 9, 10-17:   <<Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché qui siamo in una zona deserta>>.
[13]Gesù disse loro: <<Dategli voi stessi da mangiare>>. Ma essi risposero: <<Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente>>.
[14]C'erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai discepoli: <<Fateli sedere per gruppi di cinquanta>>.
Il Signore Gesù si accorge dello stato d’animo di questa povera gente e “ne provò compassione”; cioè provò una tenerezza ed un affetto tali che gli toccarono le viscere.
Perché la gente era “stanca, sfiduciata come pecore senza pastore” (Mt 9, 36). 
Gesù prende l’iniziativa: “si prende cura di loro” e li guarisce, compiendo ciò che disse, riguardo a Dio, il profeta Ezechiele: “Andrò in cerca della pecora smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata”(34, 16).
Dall’insieme si capisce che il deserto fiorisce di cose belle, cariche di grande umanità: Gesù è colui che fa tutto ciò.
Però i discepoli si accorgono che questi gesti non sono sufficienti: la gente ha fame, ormai è sera ed il luogo in cui si trovano è deserto.
Sembra che lascino intendere che ormai, umanamente parlando, la situazione è così critica che è quasi impossibile tenere in vita tanta gente affamata.
Si può solo tentare di “mandarli via, nei villaggi che sorgono ai margini del deserto”; si può “licenziarli” o “congedarli”.
Con questo si vede che gli apostoli intendono che Gesù rompa il legame che ha con quella gente, rompa il patto che lo lega ad essa.
 Il legame sponsale rischia di spezzarsi per un valido motivo: il bisogno materiale di cibo, la gente pensa Gesù, non può soddisfare la grande necessità.
A questo punto, gli apostoli pensano che ognuno deve arrangiarsi da solo.
Ma il Signore  la pensa diversamente: “Non occorre che vadano”: Cioè, non è necessario, spezzare il legame che lo lega alla folla, anche di fronte ad una realtà che sembra insormontabile.
E aggiunge: “Date loro voi stessi da mangiare”.
E’ come se dicesse: voi avete il cibo di cui la gente necessita e non ve ne accorgete.
Con un po’ di buona volontà si può risolvere il problema senza fare drammi.
Gli apostoli intendono collaborare subito con Gesù, entrano nella sua ottica e dicono: “Abbiamo qui cinque pani e due pesci”.
Forse si può fare qualcosa, pensano, per questa gente affamata, ma solo attraverso Gesù: lui solo può operare il passaggio dall’impossibile al possibile.
Egli, infatti, dice ai dodici: “Portatemeli qua”.
La situazione drammatica non si può solo affrontare in maniera drastica: ognuno pensi per sé; ma anche in altre forme.
A questo punto si apre uno scenario.
Non solo l’impossibile diventa possibile attraverso Gesù, ma si va al di là di ogni aspettativa.
Il legame di Gesù con il popolo si rinsalda anziché spezzarsi e diventa festa, pranzo nuziale.
La scena è così diversa da come si prospettava che non si rendono conto (o meglio, lo fanno appositamente) quando marcano il fatto che Gesù dice: Fateli sedere sull’erba”.
 E il deserto cui poco prima si accennava; e l’ora tarda, dove sono andati a finire?
E’ chiaro che  il miracolo operato da Gesù nel deserto è come l’anticipazione della cena  che essi celebrano nel Giorno del Signore, facendo memoria di lui, di quel fatto del passato.
In quest’ottica, veramente il deserto si rallegra e la terra arida esulta e fiorisce: il Signore viene a salvarci! (Is 35, 1-4)
Gesù mostra ai discepoli come ci sia un’altra strada da percorrere senza arrivare alle divisioni nei casi di così estrema necessità, come la mancanza di cibo.
La strada è la seguente: la condivisione.
 Condividere il poco che si possiede, cinque pani e due pesci, con chi non ne ha.
Questo sistema rende più amabile e tollerabile anche la vita più dura che sembra senza vie d’uscita.  “prese i pani”, “pronunciò la benedizione”, “spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla”.
Gesù dà inizio ad un nuovo modo di vivere: inizia a celebrare la cena, che si ripete dopo di lui, in seguito di un suo ordine, ogni giorno nel mondo intero.
La cena ha il suo centro nel verbo “dare”: Gesù prende dalle mani dei discepoli i cinque pani, li riconsegna loro “spezzati” , divisi, anzi, “condivisi”, e i discepoli a loro volta danno i pani diventati già molti, alla gente che a sua volta li “divide con” gli altri.
E’ il miracolo della condivisione che permette di superare il dramma della mancanza di cibo e che, in più, fa diventare gli uomini fratelli tra loro.
Tutto dipende dalla mano: se essa è chiusa e non dona, è la fame; se essa è aperta e fa parte di ciò che possiede, è la sazietà, è la festa.
Il miracolo della condivisione dei pani operato da Gesù nel deserto, in un luogo dove il cuore umano normalmente diventa più avido ed egoista; viene considerato  come lo sfondo, il punto di partenza per il miracolo della cena che ormai si ripete per  ogni giorno del Signore.
La cena celebrata con “un cuor solo ed un’anima sola”; è il superamento delle varie povertà, quando i primi cristiani “mettono tutto in comune così che tra loro non c’è più alcun bisognoso” (Atti 2, 42; 4, 32. 34).
Per questo motivo il racconto del miracolo diventa necessariamente un miscuglio tra il presente e il passato.
 I discepoli stando con Gesù hanno imparato che facendo dono di quello che si ha “si può mangiare e saziarsi” ed essere fratelli.
Il dare non è una perdita, ma un guadagno.
Il condividere sazia così tanto che da quanto si ha condiviso si può anche raccogliere degli avanzi: dodici ceste; dodici, cioè tante quante sono le tribù d’Israele, quindi bastanti per tutto il popolo; e quanti sono i mesi dell’anno; cioè, condividendo, ci sarà sempre del cibo e per tutti.
I presenti erano tanti (cinquemila)  (Atti 4, 4); aggiunge inoltre: “senza contare le donne e i bambini”.
Con questo, si vuol mettere i relazione il miracolo presente con quanto accadde nel deserto al popolo ebreo guidato da Mosé (Esodo 12, 37).

Il popolo con Mosé gustò la manna, mangiò le quaglie come cibo divino; con Gesù, la gente imparò a non dividersi, a non sparpagliarsi per i villaggi per poter sopravvivere, ma a farsi dono a vicenda di quanto aveva: con questo sistema si mangia a sazietà e se ne avanza per ogni evenienza.

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Una lettrice scrive:     


Le prime comunità cristiane stavano insieme e condividevano ogni cosa.
Gli apostoli asserivano che non c'era comunità cristiana senza conoscenza e predicazione di Cristo.
Tutti si consideravano uguali e quindi si scambiavano ogni cosa.
Non bastava ritrovarsi la sola domenica per reputarsi cristiani ma dovevano essere una comunità-famiglia per l'intera settimana.
Il mio pensiero?
Il bene comune in quanto insieme delle condizioni della vita sociale che ci permettono a tutti, sia gruppi che singoli, di raggiungerla loro personale perfezione pienamente è, secondo me, fondamentale per vivere serenamente con se stessi e con gli altri.
La religione infatti dovrebbe aiutare l'uomo a rispondere alle domande fondamentali della sua vita e quindi serve per collaborare al bene comune.
Infine penso che il bene comune è necessario soprattutto per la solidarietà verso il prossimo.
Nel piano economico?

Maggiore sincerità, trasparenza, mettere a disposizione di chi non ha nulla la possibilità di vivere, no l'economia attuale non rispecchia il vangelo, assolutamente no.

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Una lettrice scrive:


Una donna si ammalava sempre.
Tutta la sua vita era una continua e interminabile serie di malattie.
La donna concludeva: "Sono sfortunata, sono fatta così".
 E' una risposta ma una risposta per chi non vuol cercare, per chi, come i discepoli di Emmaus, si accontenta, cioè si rassegna.
Un giorno scopre che quando era piccola, sua madre, che aveva altri sei figli e non aveva tempo per lei, andava da lei e la coccolava un po' solo quando si ammalava.
 Era l'unico momento in cui riceveva cure e amore.
Ecco la scoperta sensazionale: ammalarsi per lei voleva dire ricevere cure.
Soffrire voleva dire poter essere amata.
E così continuava sempre ad ammalarsi perché inconsciamente cercava l'amore.
Da quel giorno non si ammalò più!
Allora io  prego Gesù e mi rivolgo a Lui non perché Lui risolva i miei problemi ma perché aiuti me a vedere e a risolvere le mie questioni.
Ogni volta che congiungo le mani dico: "Dammi luce.
 Fa' Signore che io veda, fa' Signore che io possa sentire, fa' Signore che io non cammini nel buio, fa' Signore che io possa capire".
E poi dopo aver posto la domanda chiedo di saper accettare la risposta, qualunque risposta.
Spesso noi non ci poniamo certe domande proprio perché non vogliamo certe risposte.
Gesù dice: "Doveva accadere così perché tu hai scelto così, perché sei vissuto lì, perché è successo questo". Che cosa ti sta dicendo Dio?
Cosa devi ascoltare?
Cosa devi vedere?
Cosa devi imparare?
Gesù dice: "Sciocchi e tardi di cuore".
Sciocchi tutti quelli che vogliono rimanere bambini e che non sanno che tutto ha un "perché", che tutto è collegato al tutto e che niente è collegato al niente. Ri-tardati, duri, rigidi, quelli che si ostinano a credere al "dio caso" solo per non essere responsabili di sé.
Per Lc tutto questo (Gesù che ci accompagna, Gesù che vuole che esprimiamo tutto quello che abbiamo dentro, Gesù che vuole che accettiamo che tutto ha un senso, Gesù che vuole che accettiamo che proprio nei fallimenti e nelle sconfitte Lui ci parla) avviene e lo possiamo trovare.
Le parole di Lc non possono non far pensare e rimandare a quelle della predica di ogni domenica: "Quando fu a tavola, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro".
Gesù è invitato dai due discepoli ma agisce come il padrone di casa (era il padrone di casa che faceva tali gesti). 

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Una lettrice scrive:


Perché ci sono milioni di profughi e persone senza tetto, misere e affamate?
Dio non potrebbe cambiare tutto questo?
Certamente: " Ecco il braccio dell'Eterno non è troppo corto per salvare" La Parola di Dio ci dà la risposta: Le vostre iniquità hanno posto una barriera fra voi e il vostro Dio; sono i vostri peccati quelli che hanno fatto si ch'egli nasconda la sua faccia da voi, per non darvi più ascolto.
Il peccato allontana l'uomo da Dio.

Ecco perché l'umanità si trova bisognosa anche economicamente, ma soprattutto spiritualmente.

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Una lettrice scrive:


Una volta sono andato via con delle persone.
In mezza giornata non mi hanno mai rivolto la parola.
Mi sentivo trasparente, invisibile, come se non esistessi.
E' così: ciò che non raccontiamo, ciò a cui non diamo voce non esiste, muore.
Questo vangelo ricorda che dove le persone si raccontano, parlano di sé, si mostrano per quello che sono, che dove gli uomini mostrano ciò che hanno dentro, si spogliano delle loro maschere e dei loro trucchi per nascondersi e si mostrano nella loro verità, proprio lì Dio è presente.
"Dove sono due o tre riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20). Lett. è: "Dove due o tre cantano con la stessa voce", cioè quando c'è sintonia, incontro, quando i cuori e le anime si toccano e il profondo si unisce, Dio è realmente presente.
Chi ha vissuto queste esperienze lo sa: dove i cuori si sono toccati si ha davvero sentito Dio.
E chi non vuol aprirsi sappia che ha deciso di non incontrare il Dio della vita.
Ma non capiscono nulla senza la luce di Dio.
Gesù mostra loro che c'è un senso profondo a quello che è successo, anche se a prima vista sembra tragico, drammatico, una disgrazia, una bestemmia; Gesù mostra loro il senso profondo di tutto ciò che è successo.
Allora io ho bisogno di guardare la mia vita con gli occhi di Gesù, con gli occhi della fede.
La mia vita ha un senso profondo.
Non è un caso se vivo certe cose e se me ne succedono delle altre.
Certo io posso raccontarmela e dirmi che tutto è frutto del caso.
In fondo è tutto più semplice, perché è un po' come l'influenza: la prendi e non ci puoi fare nulla.
Ma Gesù ci mostra che nulla è frutto del caso: tutto accade perché c'è un motivo.
La mia vita è felice o insoddisfatta per dei motivi ben precisi e per delle scelte ben precise.
I miei figli sono così per un'educazione e per un ambiente in cui vivono di un certo tipo.
Perfino il mio volto, il mio corpo, le mie malattie sono così per un motivo ben preciso.
Certo è più facile liquidare tutto e dire: "Sono tutte idiozie. Le cose accadono punto e basta". Come a dire: "Non ci posso far niente". Ma in realtà vuol dire: "Non ci voglio far niente".
Perché quando ti accorgi che tutto accade per un senso, per un motivo, allora diventi responsabile della tua vita e di quella degli altri, allora non puoi più vivere con gli occhi chiusi, allora sai che la tua vita è davvero nelle tue mani e soprattutto nelle tue scelte.
Allora io devo iniziare a pormi la grande domanda: "Perché mi succedono queste cose?
Perché la mia vita è così?
Perché faccio, sento, penso così?
Perché i miei figli hanno questo atteggiamento?".
E devo cercare volendo trovare luce; devo cercare senza aver già stabilito cosa devo trovare ma essere disponibile a ciò che troverò.
Quando nell'auto si accende un led rosso il problema non è il led, ma qualcos'altro. Il led è solo un segnale, una spia. Cerca cosa non va, cosa non funziona e non prendertela con il led.