venerdì 27 giugno 2014

L’ECONOMIA CONDIVISA– L’ECONOMIA CRISTIANA - BIBLICA.

MISERIA - POVERTA’ – RICCHEZZA – LUSSO
ECONOMIA – TEOLOGIA – RELIGIONE – FEDE
CONDIVISIONE BIBLICA
Una lettrice scrive:

Un Dio povero accanto all’uomo
La ragione ultima della beatitudine della povertà, dal punto di vista biblico neotestamentario, sta nel fatto che noi facciamo esperienza di un Dio che si è rivelato nella storia come un Dio povero.
 Il credente è chiamato a vivere la povertà perché sa che Dio non si è manifestato nella storia nel segno dell’onnipotenza, ma in quello dell’impotenza e della povertà; e perché a questo Dio non va solo un’adesione formale, ma Egli diventa il paradigma delle scelte e dei comportamenti del credente: la povertà quindi trova la sua radice ultima nella povertà di Dio.
Lui non si manifesta nella storia come il dio del potere politico;  Dio non si presenta come colui che attraverso la potenza spiega la realtà nella sua totalità, né come il dio metafisico a cui i greci erano arrivati soprattutto attraverso la filosofia.
Dio si manifesta nel segno dell’impotenza, nello scandalo della croce.
Oggi a noi pare che tutto lo sviluppo della tradizione cristiana, a partire dai primi secoli fino ad oggi, collega strettamente la povertà evangelica con tre finalità delle quali di volta in volta viene accentuata l’una o l’altra.
La prima è la povertà per la sequela, cioè finalizzata soprattutto all’essere discepoli, nel seguire un Maestro che è appunto il Dio della kenosis, dello spogliamento radicale, quel Gesù che chiamava i suoi discepoli a seguirlo dicendo: chi vuole seguirmi prenda la sua croce, perché chi perde la propria vita la troverà.
Ma diceva anche: le volpi hanno la loro tana, gli uccelli il nido, ma il Figlio dell’uomo non ha neppure un sasso dove posare il capo; quindi la povertà è necessaria per imitare il Maestro.

Sequela che non è pura imitazione esteriore, ma condivisione di tutta la vita, così come i discepoli al tempo di Gesù andavano dietro di lui condividendone la vita.

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