MISERIA - POVERTA’ – RICCHEZZA – LUSSO
ECONOMIA – TEOLOGIA – RELIGIONE – FEDE
CONDIVISIONE BIBLICA
PROCESSO CULTURALE
SULL’ECONOMIA CONDIVISA
RIFLESSIONI NECESSARIE
PER CAPIRE I PRINCIPI DELL’ECONOMIA CONDIVISA
Una lettrice scrive:
Riflessione
sulla condivisione.
Luca 9, 10-17: <<Congeda la folla, perché vada nei
villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché qui
siamo in una zona deserta>>.
[13]Gesù
disse loro: <<Dategli voi stessi da mangiare>>. Ma essi risposero:
<<Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a
comprare viveri per tutta questa gente>>.
[14]C'erano
infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai discepoli: <<Fateli sedere
per gruppi di cinquanta>>.
Il Signore
Gesù si accorge dello stato d’animo di questa povera gente e “ne provò
compassione”; cioè provò una tenerezza ed un affetto tali che gli toccarono le
viscere.
Perché la
gente era “stanca, sfiduciata come pecore senza pastore” (Mt 9, 36).
Gesù prende
l’iniziativa: “si prende cura di loro” e li guarisce, compiendo ciò che disse,
riguardo a Dio, il profeta Ezechiele: “Andrò in cerca della pecora smarrita,
fascerò quella ferita e curerò quella malata”(34, 16).
Dall’insieme
si capisce che il deserto fiorisce di cose belle, cariche di grande umanità:
Gesù è colui che fa tutto ciò.
Però i
discepoli si accorgono che questi gesti non sono sufficienti: la gente ha fame,
ormai è sera ed il luogo in cui si trovano è deserto.
Sembra che
lascino intendere che ormai, umanamente parlando, la situazione è così critica
che è quasi impossibile tenere in vita tanta gente affamata.
Si può solo
tentare di “mandarli via, nei villaggi che sorgono ai margini del deserto”; si
può “licenziarli” o “congedarli”.
Con questo
si vede che gli apostoli intendono che Gesù rompa il legame che ha con quella
gente, rompa il patto che lo lega ad essa.
Il legame sponsale rischia di spezzarsi per un
valido motivo: il bisogno materiale di cibo, la gente pensa Gesù, non può
soddisfare la grande necessità.
A questo
punto, gli apostoli pensano che ognuno deve arrangiarsi da solo.
Ma il
Signore la pensa diversamente: “Non
occorre che vadano”: Cioè, non è necessario, spezzare il legame che lo lega
alla folla, anche di fronte ad una realtà che sembra insormontabile.
E aggiunge:
“Date loro voi stessi da mangiare”.
E’ come se
dicesse: voi avete il cibo di cui la gente necessita e non ve ne accorgete.
Con un po’
di buona volontà si può risolvere il problema senza fare drammi.
Gli apostoli
intendono collaborare subito con Gesù, entrano nella sua ottica e dicono:
“Abbiamo qui cinque pani e due pesci”.
Forse si può
fare qualcosa, pensano, per questa gente affamata, ma solo attraverso Gesù: lui
solo può operare il passaggio dall’impossibile al possibile.
Egli,
infatti, dice ai dodici: “Portatemeli qua”.
La
situazione drammatica non si può solo affrontare in maniera drastica: ognuno
pensi per sé; ma anche in altre forme.
A questo
punto si apre uno scenario.
Non solo
l’impossibile diventa possibile attraverso Gesù, ma si va al di là di ogni
aspettativa.
Il legame di
Gesù con il popolo si rinsalda anziché spezzarsi e diventa festa, pranzo
nuziale.
La scena è
così diversa da come si prospettava che non si rendono conto (o meglio, lo
fanno appositamente) quando marcano il fatto che Gesù dice: Fateli sedere
sull’erba”.
E il deserto cui poco prima si accennava; e
l’ora tarda, dove sono andati a finire?
E’ chiaro
che il miracolo operato da Gesù nel
deserto è come l’anticipazione della cena che essi celebrano nel Giorno del Signore,
facendo memoria di lui, di quel fatto del passato.
In
quest’ottica, veramente il deserto si rallegra e la terra arida esulta e
fiorisce: il Signore viene a salvarci! (Is 35, 1-4)
Gesù mostra
ai discepoli come ci sia un’altra strada da percorrere senza arrivare alle
divisioni nei casi di così estrema necessità, come la mancanza di cibo.
La strada è
la seguente: la condivisione.
Condividere il poco che si possiede, cinque
pani e due pesci, con chi non ne ha.
Questo
sistema rende più amabile e tollerabile anche la vita più dura che sembra senza
vie d’uscita. “prese i pani”, “pronunciò
la benedizione”, “spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li
distribuirono alla folla”.
Gesù dà
inizio ad un nuovo modo di vivere: inizia a celebrare la cena, che si ripete
dopo di lui, in seguito di un suo ordine, ogni giorno nel mondo intero.
La cena ha
il suo centro nel verbo “dare”: Gesù prende dalle mani dei discepoli i cinque
pani, li riconsegna loro “spezzati” , divisi, anzi, “condivisi”, e i discepoli
a loro volta danno i pani diventati già molti, alla gente che a sua volta li
“divide con” gli altri.
E’ il
miracolo della condivisione che permette di superare il dramma della mancanza
di cibo e che, in più, fa diventare gli uomini fratelli tra loro.
Tutto
dipende dalla mano: se essa è chiusa e non dona, è la fame; se essa è aperta e
fa parte di ciò che possiede, è la sazietà, è la festa.
Il miracolo
della condivisione dei pani operato da Gesù nel deserto, in un luogo dove il
cuore umano normalmente diventa più avido ed egoista; viene considerato come lo sfondo, il punto di partenza per il
miracolo della cena che ormai si ripete per
ogni giorno del Signore.
La cena celebrata
con “un cuor solo ed un’anima sola”; è il superamento delle varie povertà,
quando i primi cristiani “mettono tutto in comune così che tra loro non c’è più
alcun bisognoso” (Atti 2, 42; 4, 32. 34).
Per questo
motivo il racconto del miracolo diventa necessariamente un miscuglio tra il
presente e il passato.
I discepoli stando con Gesù hanno imparato che
facendo dono di quello che si ha “si può mangiare e saziarsi” ed essere
fratelli.
Il dare non
è una perdita, ma un guadagno.
Il
condividere sazia così tanto che da quanto si ha condiviso si può anche
raccogliere degli avanzi: dodici ceste; dodici, cioè tante quante sono le tribù
d’Israele, quindi bastanti per tutto il popolo; e quanti sono i mesi dell’anno;
cioè, condividendo, ci sarà sempre del cibo e per tutti.
I presenti
erano tanti (cinquemila) (Atti 4, 4);
aggiunge inoltre: “senza contare le donne e i bambini”.
Con questo,
si vuol mettere i relazione il miracolo presente con quanto accadde nel deserto
al popolo ebreo guidato da Mosé (Esodo 12, 37).
Il popolo
con Mosé gustò la manna, mangiò le quaglie come cibo divino; con Gesù, la gente
imparò a non dividersi, a non sparpagliarsi per i villaggi per poter
sopravvivere, ma a farsi dono a vicenda di quanto aveva: con questo sistema si
mangia a sazietà e se ne avanza per ogni evenienza.
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